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Basta ostacoli alla piena applicazione della Legge 194. Le donne devono essere libere di scegliere.

“Le donne devono essere libere di scegliere senza che nessuno possa permettersi di giudicarle o tanto meno di colpevolizzarle.” CGIL CISL UIL Marche rivendicano la piena applicazione della Legge 194 nelle Marche, di fronte agli annunci della Regione Marche sulla somministrazione della RU486 e ai dati sull’obiezione di coscienza nelle strutture sanitarie pubbliche che sta ponendo ostacoli all’applicazione della Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.

“Lo Stato ha il dovere di rendere concretamente effettiva questa legge, che è stata una conquista delle donne per assicurare la loro libertà e il loro diritto alla salute” dichiarano Daniela Barbaresi, Cristiana Ilari e Claudia Mazzucchelli, segretarie di Cgil, Cisl, Uil Marche, che chiedono anche il rispetto da parte della Regione delle Linee guida del Ministero della salute sull’aborto farmacologico e sul ruolo dei consultori, perché la libertà di scelta e la tutela della salute sia garantita a tutte le donne delle Marche.

Nelle Marche solo il 6% delle interruzioni volontarie di gravidanza avviene con metodo farmacologico: valori lontanissimi dalla media nazionale (21%) e da quelli di regioni come la Toscana (29%), Emilia Romagna (37%) o il Piemonte (44%).

A ciò si aggiunga la situazione degli obiettori di coscienza: nelle Marche rappresentano il 73% dei ginecologi ospedalieri e il 30% di quelli dei consultori, il 45% degli anestesisti e il 25% del personale sanitario non medico: per una donna diventa impossibile interrompere una gravidanza, tanto che una donna circa su dieci deve andare fuori regione per abortire.

Il numero dei medici ginecologi è sceso da 153 unità del 2015 a 137 nel 2019 di cui solo 37 sono ginecologi non obiettori: praticamente solo uno su quattro. Dai dati forniti dalla Regione Marche relativi al 2019, la situazione che nei singoli ospedali è preoccupante: sono tutti obiettori i 10 ginecologi dell’ospedale di Jesi, 10 obiettori su 11 all’ospedale di Fermo (91%) dove non si effettuano IVG, 9 su 10 all’ospedale di Fano (90%), 8 su 9 in quello di Civitanova Marche (89%), a Senigallia (78%), Macerata o Ascoli Piceno (75%) . La più bassa presenza di ginecologi obiettori si registra negli ospedali di Urbino (55%), San Benedetto del Tronto (56%) e al “Salesi” di Ancona (58%) dove però gli obiettori sono comunque la maggioranza dei medici.

Nel 2019 sono state effettuate 1.450 interruzioni volontarie di gravidanza di cui 447 nella provincia di Ancona (31% del totale regionale), 358 in provincia di Macerata (25%), 345 in provincia di Ascoli Piceno (24%), dove le IVG vengono effettuate grazie soprattutto a una convenzione con l’AIED (Associazione Italiana per l’Educazione Demografica), e 300 in provincia di Pesaro Urbino (21%). Nessuna IVG in provincia di Fermo.

Barbaresi, Ilari e Mazzucchelli aggiungono che “Le donne vogliono vivere in un Paese che consenta di mettere al mondo figli senza l’angoscia per il futuro. Un Paese in grado di assicurare loro un lavoro stabile e adeguatamente retribuito. Un Paese che investa in un’adeguata rete di servizi per l’infanzia e per un welfare davvero universale e al contempo che investa nell’educazione all’affettività e alla sessualità e in una rete di consultori, adeguata ed efficiente in grado di sostenere davvero le donne e le famiglie nel rispetto delle indicazioni del Ministero della Salute, senza che siano costrette ad andare fuori regione per vedere rispettate le loro scelte”.

“Nelle Marche le donne non torneranno indietro e non smetteranno di rivendicare con forza il loro diritto ad essere rispettate come persone senza essere definite in base a presunti ruoli e funzioni e ad essere libere di scegliere!”

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