Retribuzioni inferiori e gap di genere al 30% tra uomini e donne. Sono i mali del mondo del lavoro marchigiano che la Uil Marche indica per spiegare la difficoltà di reperimento di personale lamentato dalle aziende ed emerso anche nell’ultimo Bollettino mensile del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal: nelle Marche sono previste oltre 33mila assunzioni per il trimestre gennaio-marzo, ma non si trovano tecnici e operai specializzati. Le cause? I vari “giovani che non hanno voglia di lavorare” o i “preferiscono stare seduti sul divano e prendere il reddito di cittadinanza” non reggono.
E non sono neanche una novità visto che si continuano a utilizzare fin dagli anni ‘50. L’8 settembre 1959 La Stampa pubblicava un articolo intitolato “Pochi giovani vogliono apprendere l’oscura e raffinata arte del cuoco”, nel quale veniva raccontato che i ragazzi in ambito alberghiero preferivano fare i barman o i portieri d’albergo mentre gli aspiranti cuochi erano ormai una minoranza, nonostante fosse un mestiere di estremo prestigio e con potenzialità di carriera non indifferenti. Facciamo un salto avanti fino al 29 ottobre 1977, sempre La Stampa lanciava l’allarme: “In Italia solo 196 giovani disposti a lavorare in campagna”. Nell’articolo si racconta che su più di quarantaseimila posti disponibili, in tutto il Paese ci sarebbero solamente 196 giovani disposti a lavorare nei campi, perché lavoro troppo faticoso. Nel 1983: sempre la Stampa pubblicava un altro articolo intitolato “la fabbrica dei giovani disoccupati”, secondo il quale i giovani vogliono essere certi di andare a casa ad una certa ora e di non lavorare il weekend; ancora, nel 2002 la Repubblica pubblica un articolo intitolato “i giovani hanno sempre meno voglia di lavorare”.
Ma al di là dei facili luoghi comuni le ragioni della difficoltà nel reperimento di personale sono altre: in primis, la retribuzione bassa. Di solito, il livello retributivo del lavoro si raggiunge con l’incrocio della domanda con l’offerta. Quando la domanda è più alta con tante imprese alla ricerca di collaboratori, ma l’offerta è più bassa, con poche persone disposte a offrire le proprie competenze e capacità, si dovrebbe registrare un incrocio con retribuzioni più alte. Ciò non avviene nelle Marche. La retribuzione media annua del settore privato nelle Marche è di poco superiore a 20mila euro. Sulla scorta dei dati Inps del 2022 emerge che i giovani sotto i 30 anni e le donne percepiscono mediamente il 30% in meno rispetto a un uomo. Un operaio guadagna 7mila euro in più l’anno rispetto a una collega, una dirigente quasi 50mila euro in meno rispetto a un uomo. Ne deriva, pertanto, che la retribuzione viene regolata da altri meccanismi e non dal solo incrocio tra domanda e offerta. Sicuramente con il contenimento del costo lavoro si abbattono i costi di produzione mantenendo competitive le produzioni e i servizi.
“Tali scelte, inaccettabili, ma che possono dare vantaggi immediati all’azienda offrono poche garanzie per il futuro – commenta Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – anche perché in questa situazioni molti giovani, con un alto tasso di competenze, scelgono di emigrare in altri paesi o in altre regioni per trovare un lavoro adeguato alle proprie ambizioni. Ed è proprio ciò che avviene nella nostra Regione. In pratica, investiamo in formazione della professionalità e poi perdiamo professionalità”. Altro problema è la precarietà considerando che i contratti offerti sono contratti a tempo determinato, che infatti si confermano la forma più diffusa (pari al 40,5% del totale). Ma non solo. “È cambiata la percezione del lavoro – fa notare la segretaria Mazzucchelli – che risulta non più totalizzante ma un elemento determinante nella misura in cui risulta conciliabile con la vita sociale e familiare. Alcuni datori di lavoro continuano a proporre orari assurdi, incompatibili con una vita di relazioni. Il lavoro, la professionalità va retribuita e non sfruttata. L’impresa deve investire e credere nel proprio personale, migliorando la propria politica di gestione e applicando un’adeguata retribuzione salariale”.
In questa logica debbono essere introdotte innovazioni produttive e organizzative anche con un uso più incisivo delle nuove tecnologie, che devono servire a migliorare la qualità del lavoro non a sostituirlo. È indispensabile costruire un’alleanza tra scuola e mondo del lavoro. L’istruzione e la formazione superiore devono essere incentivate con politiche capaci di ridurre la dispersione scolastica ancora alta nelle Marche, arricchire i percorsi universitari anche per attrarre giovani da altre regioni o paesi stranieri. Ma per fare delle scelte è necessaria una programmazione, serve un idea di sviluppo condivisa ed una governance del territorio che delinei obiettivi e sappia coinvolgere tutti gli “attori” del territorio. Un’occasione da non perdere, anche per sperimentare questa sinergia, può essere rappresentata dai quattro Its marchigiani, che possono mettere i giovani a stretto contatto con le filiere produttive più avanzate dei nostri distretti manifatturieri.
Si deve investire sulle competenze e puntare sull’apprendistato duale come fondamentale canale di ingresso nel mondo del lavoro nonché nella formazione per aggiornamento e qualificazione, che deve essere in linea con la programmazione delle aziende. Un elemento positivo, nel merito e nel metodo, è sicuramente costituito dal Piano Regionale Marche delle Politiche Attive del Lavoro Triennio 2024-2026, approvato all’unanimità dal Consiglio Regionale delle Marche il 22 gennaio scorso in cui attraverso numerosi emendamenti sono state accolte quasi integralmente le osservazioni presentate unitariamente dai sindacati. Frutto di un ottimo lavoro di squadra a cui il dipartimento lavoro della Uil Marche, ha contribuito efficacemente. L’obiettivo, ora deve essere quello di dare al Piano Regionale concreta attuazione con misure adeguate ed efficaci con l’onestà intellettuale di modificare rapidamente gli indirizzi dei bandi quando essi non sono attinenti ai bisogni del tessuto produttivo con sottoutilizzo delle risorse o il non raggiungimento degli obiettivi prefissati.