La legge del 20 luglio 2000 ha istituito il 27 gennaio, Giorno della Memoria «al fine di ricordare la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico e dei milioni di vittime di uno dei più grandi genocidi della storia”.
Questa giornata non deve diventare una delle tante, ben 152, celebrate dall’Onu per le ragioni più disparate o per puro esercizio accademico.
LA MEMORIA STORICA HA UN VALORE CIVILE
Senza memoria storica, una comunità rischia di perdere il significato e il senso profondo della propria identità culturale e civile e di rendere molto instabili le fondamenta del suo futuro.
La memoria ha due grandi nemici. Il primo è il tempo, il cui decorso tende a cancellarla o comunque a sfumarla; poi ci sono i negazionisti e i revisionisti, quelli cioè che vogliono deformare la storia a loro piacimento, arrivando perfino a negare l’esistenza dei campi di concentramento.
Oggi, il nostro Paese si trova in una fase difficile. Un grande scrittore, Corrado Stajano, lo ha descritto come «Un Paese smarrito», che sta perdendo la memoria e la consapevolezza dei suoi valori e princìpi, e quindi perde anche se stesso.
Si può parlare, tuttavia, di mondo smarrito. Per vari motivi. Perché dopo 80 anni di pace è tornata la guerra in Europa, perché a Gaza si sta compiendo un barbaro genocidio, dove la popolazione inerme di entrambe le parti subisce una violenza atroce che si accanisce con i più indifesi, contro i bambini, perché vi sono tante guerre dimenticate.
Ricordare la violenza che è stata, il percorso che ha portato alla sua esplosione, deve aiutarci a poter individuare la violenza che ancora ci circonda e a neutralizzarla.
“È AVVENUTO, QUINDI PUÒ ACCADERE DI NUOVO: QUESTO È IL NOCCIOLO DI QUANTO ABBIAMO DA DIRE”
(Primo Levi)
L’Olocausto è avvenuto nel quasi totale silenzio collettivo, tardivamente un’umanità distratta si è resa conto di quanto stesse succedendo. Una memoria “viva” serve per non ripetere quel silenzio. Una violenza incredibile, organizzata e normalizzata dal silenzio, dall’indifferenza, dall’egoismo, dall’ individualismo.
“Non credete a quello che diciamo perché se fosse vero quello che diciamo non saremo qui a dirlo. Bisognerebbe spiegare l’inspiegabile”
Charlotte Delbo
Questi versi della poetessa Charlotte Delbo, testimone dell’agonia di Vittoria Nenni, sono riportati nelle prime pagine della bellissima biografia scritta da Antonio Tedesco (foto qui sopra). Attraverso Vittoria Nenni, giovane donna coraggiosa, amante della vita, solare, legata alla sua famiglia, vogliamo celebrare chi ha deciso di non restare indifferente ma ha fatto una scelta che ha pagato con la vita.
Proprio questo è il punto:
riscoprire il valore della “scelta” contro la logica dell’indifferenza”
nell’orrore ma anche nel quotidiano.
LA SCELTA
- Vivà poteva salvarsi rivendicando la nazionalità italiana, poteva evitare la deportazione e forse sopravvivere al campo di sterminio, ma non volle lasciare le compagne di lotta.
- Il dolore e il senso di colpa del padre, Pietro Nenni che dice: “Ho avuto la tentazione di salvarla. Ma non potevo: mi sembrava di compiere un atto di viltà”.
Concludiamo con le parole di Andrea Lorenzetti, un altro anconetano morto a Mauthausen il 15 maggio 1945.
“Ci sono momenti nella vita che dentro di noi la coscienza chiama e dice “questo è il tuo dovere” e non ci si può sottrarre senza perdere la stima in se stessi”.
I sentiti ringraziamenti per l’ottima riuscita dell’iniziativa vanno a
il prof Roberto Giulianelli, docente di Storia Economica all’Univpm
Antonio Tedesco, autore del libro
l’Università Politecnica delle Marche che ci ha ospitati
Il Comune di Ancona per il patrocinio e l’assessore Orlanda Latini per la presenza