L’intervento di Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche, al XVIII Congresso nazionale della Uil.
Care delegate, cari delegati, arriviamo a questo congresso dopo quattro anni in cui lo scenario nazionale, europeo e mondiale è profondamente mutato. Pandemia, guerra, crisi energetica ma anche, e lo dico guardando al mio territorio, la ricostruzione post sisma 2016 che ancora non decolla ed un alluvione che il mese scorso ha fatto 13 vittime e devastato intere comunità.
Care delegate, cari delegati, arriviamo a questo congresso dopo quattro anni in cui lo scenario nazionale, europeo e mondiale è profondamente mutato. Pandemia, guerra, crisi energetica ma anche, e lo dico guardando al mio territorio, la ricostruzione post sisma 2016 che ancora non decolla ed un alluvione che il mese scorso ha fatto 13 vittime e devastato intere comunità.
E allora?
Io penso sia necessario chiedersi, prima come singoli e poi come comunità organizzata a diversi livelli, se sia possibile costruire un mondo pacifico, rispettoso dell’ambiente, restando all’interno della cornice dello sviluppo economico? E in caso non lo fosse, cosa sceglieremmo?
Bisogna evitare atteggiamenti farisei. Gli stessi con cui a volte viene affrontata in maniera semplicistica la questione energetica con l’idea ipocrita che va bene l’energia prodotta in qualunque modo purché lontano dal nostro territorio.
Si è alimentata la mitologia dell’individuo sovrano, portatore di diritti ma non di doveri, e ciò ha prodotto danni difficilmente valutabili soprattutto per ciò che concerne il rispetto del “bene comune” e della “cosa pubblica”, ma anche nel modo di percepire e osservare norme, valori, regole, modelli di comportamento.
Una società fondata solo sui diritti è una società in cui ciascuno pensa
unicamente a ciò che è meglio per sé. “Ho diritto al benessere economico” ed ecco la corsa al profitto a qualunque costo. “Ho diritto a dire liberamente ciò che penso” ed ecco le offese e l’odio sui social. “Ho il diritto di pensare solo alla mia salute” ed ecco le proteste contro il vaccino.
Ma se la ricerca del benessere è un diritto di tutti, come evitare che i diritti individuali entrino in contrasto? Chi stabilisce cos’è giusto per ciascuno? Chi deciderà tra il diritto del lavoratore e il diritto dell’imprenditore? Laddove non esistono doveri per tutti, il più forte, il più attrezzato, quello privo di scrupoli vince. Solo il dovere di contemperare le esigenze di tutti può limitare il godimento dei diritti del singolo.
Una società solidale è un bene per tutti. Partecipare alla vita pubblica, pagare le tasse, avere attenzione per le fasce deboli non è buonismo ma è l’essenza della democrazia e del vivere civile.
Dobbiamo contribuire a rinsaldare il legame tra l’individuo e le Istituzioni, tra l’individuo e le tradizionali agenzie di socializzazione (ad esempio famiglia e scuola), tra la Politica e i cittadini perché la distanza che si è creata ha favorito il coinvolgimento sempre più massiccio e decisivo della rete e dei social, nel processo di formazione delle identità individuali e collettive, condizionando anche le istanze sociali oggetto di rivendicazione nei confronti della Politica.
Dobbiamo riattivare la speranza nel futuro restituendo un effettivo primato alla politica e al confronto, garanzie ineludibili per far prevalere le ragioni della solidarietà, della pace e di una reale lotta alle diseguaglianze.
Futuro che passa inevitabilmente per l’autonomia e l’inserimento dei giovani e delle donne nel mondo del lavoro.
Infatti la combinazione tra sguardo temporale corto, bassa consapevolezza dell’importanza delle politiche familiari per lo sviluppo del paese, marginalità delle politiche per i giovani e le donne, ha portato gli squilibri demografici a diventare sempre più gravi fino quasi a considerali un destino ineluttabile e a generare nell’opinione pubblica un senso di impotenza e rassegnazione. Quello che troppo spesso è mancato è l’impegno concreto, il passare dalle promesse generiche alla realizzazione concreta di politiche efficaci.
Per chi si accinge a Governare il nostro Paese: transizione demografica, transizione digitale e transizione verde devono essere affrontate con una visione sistemica e in modo integrato.
Pensare di rafforzare l’infrastruttura tecnologica senza potenziare l’infrastruttura sociale del paese rischia di rendere fallimentare la nuova fase di sviluppo e di creare grandi tensioni sociali.
La transizione non è fatta solo di tecnologia, decarbonizzazione dell’energia e di rinnovabili, ma crea una quantità inimmaginabile di nuove figure professionali, anche se quello che salta agli occhi è la timidezza delle istituzione e della politica verso le ricadute occupazionali di questa transizione.
Manca la visione che consentirebbe di dare speranza alla gente e di cambiare la narrazione tragica del cambiamento tecnologico e climatico, pure vera, con una narrazione alternativa in senso positivo.
E’ evidente che i diversi Governi sono intervenuti solo sul diritto del lavoro (riforma Monti-Fornero, Job act) in assenza di politiche industriali, di una considerazione complessiva dell’evoluzione del mondo della produzione e di politiche necessarie per l’occupazione. Tutte le politiche che coinvolgono l’universo produttivo devono tenersi logicamente e organicamente tra loro.
La transizione dalla crisi alla ripartenza deve avere, quindi, anche una forte connotazione qualitativa e sociale, non soltanto quantitativa. La dignità del lavoro, e quindi la sua connotazione qualitativa e sociale non può prescindere dal rispetto dalla sicurezza, e il pensiero va ad Adrian, operaio morto a 32 anni ieri ad Ascoli Piceno, dei contratti collettivi nazionali, quelli firmati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, e non certo dal salario minimo.
La solidarietà, valore fondante della comunità e della stessa ragion d’essere dei corpi intermedi, è stata troppo spesso dimenticata non solo dalla politica, ma talora anche dalle organizzazioni sociali che si sono chiuse nella difesa degli interessi dei loro rappresentati.
Recuperare il senso della solidarietà, uscire dall’ individualismo, è un presupposto per poter leggere con chiarezza i bisogni delle persone, in particolare in questo momento di crisi, per non dimenticare nessuno e porre in essere scelte e azioni efficaci contro le diseguaglianze e contro la povertà, ed è questo l’obbiettivo della UIL, ben declinato nella relazione di Pierpaolo Bombardieri.
Il sindacato deve trovare il modo di conciliare le varie forme di azione collettiva con le esigenze e le aspettative delle persone, che vanno esortate a una partecipazione consapevole.
Noi pensiamo che sia possibile e necessario riprendere consapevolmente il controllo di quelle scelte mediante la partecipazione democratica ai livelli decisionali locali e di comunità se si rilancia la cultura della rappresentanza, della mediazione e del dialogo sociale e istituzionale.
Noi ci siamo. Siamo pronti, con fantasia, generosità e professionalità, a lavorare per una società più giusta e solidale a servizio della persona in tutti gli ambiti di vita e di lavoro.
E non posso che concludere con un pensiero per le donne. Quelle curde, afgane, iraniane ma anche quelle che subiscono violenze psicologiche e fisiche da chi ha detto di amarle confondendo l’amore con il possesso. Il pensiero va ad Ilaria, 41 anni, due bambine. Ilaria che abitava nella mia regione, a Osimo, e che è stata ammazzata di botte due giorni fa. Noi donne della UIL siamo sicure di avervi tutti al nostro fianco per quella che è una battaglia non di genere ma di civiltà.
DONNE – VITA – LIBERTA’
Buon congresso a tutti