L’incontro di ieri con i vertici di ELICA restituisce una reale immagine di come l’azienda si sia trasformata in un’evoluzione che sembra averne minato i principi ed i valori. Il disastro sociale e industriale che è stato annunciato essere nei piani aziendali, con 409 esuberi,
chiusura dello stabilimento di Cerreto d’Esi, di interi reparti produttivi di Mergo, è stato poi seguito da una comunicazione del CDA che riteniamo indegna del passato e della storia di ELICA.
Difendere il lavoro di Italia delocalizzando la produzione di oltre un milione di prodotti è irrispettoso dell’intelligenza di chi legge, senza tener conto degli investimenti che verrebbero fatti in altri paesi: progettare in Italia sfruttando le competenze del territorio, produrre dove si paga poco la manodopera per aumentare gli utili: una strategia che ha vagamente l’aria di essere predatoria.
In questi mesi mentre si annunciava un 2021 in linea con la produzione del 2020, anno in cui era tornata la saturazione produttiva dei plants italiani, abbiamo avuto la conferma ieri che venivano fatte firmate lettere di riservatezza a decine di persone per lavorare a questo progetto, si davano rassicurazioni alle organizzazioni sindacali e si facevano promesse alle persone, intanto veniva preparata la strategia dell’abbandono del territorio: e pensare che abbiamo sempre riconosciuto ad Elica la capacità di saper tenere relazioni industriali corrette, almeno negli anni precedenti.
Lo sciopero spontaneo delle lavoratrici e dei lavoratori di Mergo, Cerreto ed anche della FIME di Castelfidardo, dimostrano che per noi la vertenza sicuramente verrà portata avanti a livello di gruppo, che a differenza di quelle che sono la strategie aziendali, le persone si sentono ancora un’unica ELICA: i presidi permanenti che sono stati convocati davanti alle fabbriche vogliono lanciare un messaggio chiaro e forte al management tutto ed al territorio, quello che siamo pronti e determinati a difendere il lavoro, perché oltre un decennio di sacrifici non sia stato vano, perché prima degli interessi del manager e degli azionisti deve venire il rispetto delle persone, valore fondante e pilastro dell’azienda, anche in un’ottica di prospettiva, di quello che si lascia alle future generazioni.
Chiedere denaro pubblico per licenziare uomini e donne e per accompagnare processi di
desertificazione industriale di un territorio già martoriato è un altro affronto che abbiamo letto nella comunicazione ufficiale uscita dopo l’incontro; il Coordinamento valuta inaccettabile, come tutto il resto, che si distribuiscano risorse a chi delocalizza e crea disoccupazione anziché adoperarsi per il futuro del Paese. Ci siamo trovati davanti un’azienda che è sempre stata considerata un modello che oggi chiede sacrifici per mancanza di redditività ma che in questi anni ha distribuito milioni di euro solo come buone uscite agli amministratori delegati per aver portato avanti strategie che sembrano proprio essersi dimostrate fallimentari:
l’incontro del 31 marzo si è aperto con una brevissima introduzione del nuovo A.D., che non si è neanche degnato di ascoltare quello che le Rappresentanze Sindacali avessero da dire, ma se ne è andato subito dopo aver detto che in Italia resteranno di ELICA solo i COCCI e poco altro.
ELICA 2021-2023: inizia la vertenza per il Lavoro, per le Persone, per il territorio